L’educazione alla comunicazione pubblicitaria è in profonda crisi di identità

Cameron Temple, executive creative director at international creative agency Stink Studios explains why he believes education for a creative career in advertising is out of date, and is narrowing our perspective.

Cameron Temple, direttore creativo esecutivo a livello internazionale agenzia creativa Stink Studios spiega perché crede che l’istruzione per una carriera creativa nella pubblicità non è aggiornato, e si sta riducendo la nostra prospettiva.

Cameron racconta come nel periodo d’oro della pubblicità, il reparto creativo dell’agenzia era composto da copywriter e art director. Questo aveva un senso, perché la maggior parte degli annunci di allora erano per la stampa, che ha richiesto due cose: la copia e l’arte. Team creativi tradizionali, quindi: un copywriter per scrivere l’annuncio, e un art director di visualizzarla.

Andando avanti velocemente quasi di 60 anni e dando un rapido sguardo alla pubblicità di oggi: digitale, sociale, esperienziale, mobili, integrata, su richiesta TV, VR, AR, DOOH, l’elenco potrebbe continuare. C’è sicuramente da dire che lo scenario è completamente cambiato. Ma una cosa non è cambiata. Abbiamo ancora team creativi che consistono di un copywriter e art director.
La formazione in ambito pubblicitario è in una situazione di stallo perché continua a inseguire modelli professionali del passato. Come deve essere indirizzato un creativo oggi?.

“I’ve seen some awful portfolios that contain brilliant ideas… a great idea can really suffer from the wrong application.”
Sostanzialmente significa: ho visto portfolio orrendi con grandi concept al loro interno…

Quello che mi stupisce è che gli studenti di pubblicità oggi sono ancora in una condizione in cui fare questa stessa scelta binaria fin dall’inizio: se sei un copywriter, trovare un direttore artistico, se sei un direttore artistico, trovare un copywriter. Il problema che si crea è che gli studenti non sono educati come singoli professionisti, ma come una squadra di co-dipendente progettati per soddisfare gli schemi tradizionali del settore pubblicitario.
Sostiene Cameron che come il mondo della pubblicità continua ad evolversi con nuove ed eccitanti sbocchi per la creatività, la maggior parte delle agenzie e università promuovono ancora lo stesso modello di team creativo.

Insiste Cameron: il ruolo di un team creativo ha bisogno di adattarsi. Le idee sono importanti, ma nulla è peggio di una grande idea che non raggiunge il suo potenziale. Gli studenti dovrebbero iniziare a collaborare di più con una gamma più ampia di professionisti, e di lavoro nuovi modi per portare le loro idee alla vita.

Io personalmente non credo sia un problema specifico della formazione. Nelle scuole non di rado si ammirano ottime idee che poi non vedono mai la luce sul mercato. Parafrasando:
“La committenza in ambito pubblicitario è in una situazione di stallo perché continua a inseguire modelli pubblicitari del passato. 

Non è una questione di art o copy, di ruoli vecchi o nuovi.
La comunicazione (pubblicitaria o meno) usa parole e immagini.
Insegnare agli aspiranti creativi come si usano le parole e le immagini per esprimere concetti è l’unica cosa che possa fare la formazione. Tutto il resto è determinato dal contesto, dai mezzi a disposizione, dalla capacità di produrre innovazione, da cosa funziona nel mercato.

Se poi qualcuno mi chiede cosa vuole un aspirante creativo dai suoi formatori, per la mia limitatissima esperienza posso dire soltanto “pillole”. La pillola è l’how to, la regoletta facile da applicare, la scorciatoia per risolvere il problema, il modo codificato per uscire dall’impasse senza dover pensare troppo. Si certo, alle volte il mezzo di comunicazione è parte integrante dell’idea stessa, puo succedere, anzi succede spesso, ma slla base ci vuole… l’idea!

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